Descrizione
Con il termine
inglese “hate speech” si intende qualsiasi tipo di discorso, slogan,
insulto che incita all’odio e alla violenza verbale in particolar
modo contro un individuo o un gruppo di individui che
appartengono ad una minoranza (es. stranieri, donne, disabili,
persone di colore, omosessuali ecc..)
Di solito, chi fa hate speech è una persona debole o superficiale,
perché utilizza la sua esperienza come unico metro di
giudizio, assoluto e generalizzato e non valuta le conseguenze delle
sue parole, in quanto il suo atteggiamento deriva da un personale
bisogno di sfogo per qualche questione legata alla sua vita privata.
Oggi l’hate
speech si sta diffondendo nelle piattaforme online: lo possiamo
trovare nei commenti alle notizie di qualche post, sotto forma di
meme o contenuti audiovisivi, ecc. Il fatto che molti discorsi
d’odio avvengano online rende questo fenomeno ancora più pericoloso:
essendo nascosti dallo schermo, spesso molti utenti si esprimono
senza realmente valutare la portata di quello che scrivono, non
capendo quanto una parola scritta su una qualsiasi piattaforma
online possa arrivare ad avere una tale visibilità da alimentare
pregiudizi e discriminazioni verso singoli individui o soggetti più
deboli.
Ma qual è la “scala” che porta all’ hate speech?
Come possiamo notare da questa scala, alla base
di tutto ci sono gli stereotipi, che ci portano a catalogare le
informazioni ricevute dall’esterno in maniera “automatica”. Spesso
però non ci rendiamo conto che anche i più banali stereotipi possono
dar vita a forme di discriminazione. Per esempio, uno stereotipo
spesso ripetuto in maniera innocua può essere “ le donne sono più
brave a cucinare”; ma questo significa che, per cucinare, le donne
passano più tempo a casa, e di conseguenza non vanno a lavorare e
vengono retribuite meno, divenendo socialmente più deboli. Questo
esempio fa capire come semplici stereotipi possono portare a
fenomeni di discriminazione di individui o gruppi sociali.